Si trova nel sud-est dell’Islanda la laguna glaciale Jokulsarlon, letteralmente “laguna del fiume del ghiacciaio”.
Gli iceberg si staccano dal fronte del vicino ghiacciaio Breiðamerkurjökull, che fa parte del grande ghiacciaio Vatnajökull. La laguna fluisce nell’oceano Atlantico attraverso un breve canale, lasciando blocchi di ghiaccio su una spiaggia di sabbia nera.
Il colore blu di alcuni Iceberg è apprezzabile di più se il cielo è nuvoloso, altrimenti la luce del sole impatterebbe forte sul blocco di ghiaccio e il colore non sarebbe più cosi apprezzabile. Ma perchè alcuni blocchi sono blu?
Quando la neve si accumula, il peso della neve sulla parte superiore la compatta, spremendo l’aria che la trasforma da neve a quello che viene chiamato firn (neve parzialmente compatta) fino a raggiungere la densità di essere un blocco di ghiaccio (con bolle). In un grande ghiacciaio, però, centinaia o migliaia di metri di ghiaccio possono esercitare una pressione tale che gli spazi delle bolle si compattano sempre più fino a scomparire e l’aria si dissolve nel ghiaccio stesso.
Quindi ciò significa che più è blu ( e senza bolle) un pezzo di ghiaccio è tanto più proviene dalle profondità del ghiacciaio, e questo significa che ha viaggiato anche da più in alto nel bacino del ghiacciaio ed è, quindi, più vecchio.
Alcuni blocchi di ghiaccio poi vengono riportati a riva dalla marea e si possono vedere sulla famosissima spiaggia nera di Fellsfjara.
Alcune foto della galleria sono state fatte con un filtro ND500, quindi il tempo allungato di 9 stop ha fatto si che l’acqua venisse piatta e senza increspature. Esempio, nella foto n. 4 il tempo di esposizione è stato di 25 secondi a diaframma 16 iso 100
Fotografare i fulmini non è poi così difficile. Anche non possedendo telecomandi speciali come i famosi PLUTO TRIGGER si possono fare belle foto. Cosa importante, devono esserci i fulmini e se poi aggiungiamo un paesaggio ancora meglio
Queste foto sono state scattate con obiettivo 16-35mm e con obiettivo 100mm su 2 macchine fotografiche diverse. Il diaframma è variato da 16 a 11 ed il tempo da 10 a 20 secondi.
Con un semplice telecomando timer da pochi euro sulla canon 6d con 100mm e con timer incorporato sulla canon 7dm2 con obiettivo 16-35, si possono impostare le sessioni lasciando naturalmente qualche secondo di riposo al sensore tra uno scatto e l’altro. Io ne ho lasciati da 5 a 7sec.
Ogni 5-10 minuti consiglio sempre di ricontrollare l’esposizione soprattutto se si inizia con un cielo ancora con zone di chiarore. Raccomando sempre di controllare l’istogramma per non far venire bruciate alcune zone del paesaggio sottostante.
Nebulosa Velo
Questa nebulosa è un antico resto di supernova; la stella che ha originato quest’oggetto è esplosa 8000 anni fa e aveva 20 volte la massa del Sole, si trovava a 2100 anni luce dalla Terra nella costellazione del Cigno. Questa nuvola colorata si espande per circa 110 anni luce. I deboli filamenti, sono ancora in espansione alla velocità elevatissime, e questa grande velocità di espansione fa sì che abbia anche un elevato indice di dispersione della sua materia, quindi questa meraviglia del cielo si disperderà nel mezzo interstellare, “quasi” senza lasciare traccia. I meravigliosi colori sono stati generati dalle variazioni di temperatura e densità degli elementi chimici presenti nella nebulosa. I filamenti blu delineano una cavità creata dal vento stellare. Nascoste tra queste strutture luminose, ci sono i filamenti rossi sottili e “taglienti”, vale a dire emissioni di idrogeno più deboli. La parte più in alto nella foto viene denominata “scopa di strega “
Integrazione di 20 light frame da 240 sec. + dark + Filtro l-enanche camera asi 183 raffreddata a -10°c
La Nebulosa Aquila è una nebulosa a emissione composta da idrogeno ionizzato. Situata a una distanza di circa 7000 anni luce, la Nebulosa dell’Aquila è una splendida nursery stellare, una regione di gas e polveri, dove si stanno formando al momento giovani stelle e dov’è appena nato un ammasso di calde stelle massicce. La luce potente e i venti forti provenienti da questi nuovi astri massicci stanno formando pilastri lunghi anni luce, che nell’immagine si vedono in parte proiettati sul brillante sfondo della nebulosa. La seconda foto è un ritaglio della prima ma con più contrasto per evidenziare queste formazioni. Questa formazione è conosciuta come i Pilastri della Creazione. In basso nella seconda foto si trova una colonna di materia molto allungata, soprannominata “la Guglia” Nella parte terminale di questa struttura è stato identificato un bozzolo ionizzato ad alta velocità. La guglia è già quasi evanescente nella sua struggente bellezza e pensate che si prolunga per circa 10 anni luce. (630.000 volte la distanza Terra-Sole)Dentro ai pilastri, il gas è abbastanza denso da collassare sotto il suo stesso peso, così da formare giovani stelle. Queste colonne di gas e polvere sono state scolpite, illuminate e distrutte simultaneamente dall’intensa luce ultravioletta proveniente dalle stelle massicce dell’ammasso NGC 6611, il recente ammasso di stelle adiacente. Fra pochi milioni di anni, un battito di ciglia nella storia dell’universo, saranno sparite per sempre. La massa totale delle aree dense dei soli tre Pilastri è stimata sulle 200 masse solari.
Lo scatto è stato realizzato sommando 60 light frame 240 sec. + 31 dark con camera ASI 183 raffreddata a -10 c° su Telescopio sdq71 f6.3 Guida PHD2 con ASI178 su 50/200
Lo sviluppo della foto, ricordiamo che ci viene restituita un’immagine scura a 32 bit non leggibile, è stato effettuato con Software Pixinsight + Camera RAW
Tarda primavera ed inizio estate è il momento migliore per fotografare le farfalle. Unico inconveniente? Bisogna alzarsi veramente presto.
La mattina presto gli insetti sono più fermi, infatti le farfalle hanno bisogno del calore del sole per riuscire a utilizzare le loro ali, e proprio per questo motivo risultano essere più lente quando l’aria è ancora fresca del mattino. Anche il tramonto può essere un buon momento.
Sia perché la luce del sole, ancora basso, è la migliore. Dopo una certa ora, soprattutto nel periodo estivo, la luce diventa anche troppo dura e la foto ne risente nel risultato finale.
La luce sulla farfalla deve essere omogenea altrimenti si potranno creare zone d’ombra e cerchiamo di metterci il più possibile alla loro altezza posizionando la macchina con il sensore parallelo alle ali. (il più possibile almeno).
Un piccolo pannellino riflettente potrebbe essere di grande aiuto per fotografare le farfalle, come potrebbe esserlo un flash circolare, da attaccare all’obiettivo, che possa fungere anche da semplice lampada. (su internet si trovano anche a meno di 50 euro)
Abbassare qualche filo d’erba che si trova subito dietro per poter rendere lo sfondo più omogeneo e che non disturbi.
E se il soggetto non è abbastanza lontano dallo sfondo? Possiamo fotografare le farfalle lo stesso, cercando di fare in modo che lo sfondo entri a far parte dell’immagine, dando magari un’idea sull’ambiente in cui vive il lepidottero.
Se possibile utilizziamo la messa a fuoco manuale, e sempre se possibile, utilizziamo la tecnica del focus stacking soprattutto per la zona degli occhi che potrebbe non essere sullo stesso piano focale delle ali.
INDISPENSABILE un cavalletto o un monopiede.
RICORDIAMO CHE le farfalle sono molto delicate, non serve fare forzature estreme e danneggiarle solo per poter portare a casa una foto
Per le foto riportate in questo artico è stato utilizzato un obiettivo macro 100mm di focale
Un prisma di Newton, una scatola e un obiettivo grandangolare bastano per divertirsi con la luce del sole. La velocità della luce varia a seconda della lunghezza d’onda. Quando la luce attraversa un mezzo denso, come il prisma di vetro cambia la sua velocità. Pertanto, l’angolo di rifrazione della luce varia a seconda della lunghezza d’onda. L’angolo di rifrazione è più alto nelle alte frequenze, (blu e viola) è più basso nelle basse frequenze (rosso e arancione)Per questa ragione si forma un ventaglio di colori dal rosso al viola chiamato spettro (dal latino spectrum – apparizione). In conclusione, nella dispersione della luce i raggi sono deviati con un angolo differente a seconda della lunghezza d’onda. Tutto questo fu scoperto da Newton nel 1665, e non solo, quel geniaccio di Newton scopri che era possibile ricomporre i colori in luce bianca con un secondo prisma rovesciato, dimostrando che la scomposizione della luce è un fenomeno fisico reversibile. Una curiosità: Il prisma a base triangolare è il soggetto della copertina dell’album The Dark Side of the Moon dei Pink Floyd. Tuttavia nella figura è mostrato il raggio di luce che rimane bianco dopo la prima rifrazione all’interno del prisma. Questo non è esatto perché la differenza nella velocità dei diversi colori della luce dovrebbe causare una dispersione e mostrare lo spettro anche nella prima rifrazione.
Per fare questa foto (cliccare sull’immagine per aprirla) è stato usato un’obiettivo 200mm, la particolarità sta nel fatto che davanti all’obiettivo è stato inserito un filtro nd500 che aumenta il tempo di esposizione di 9 volte.
Il tempo di esposizione quindi si è allungato fino a 5 secondi. Durante questi 5 secondi le piante poste come sfondo venivano mosse a destra e sinistra per creare un’effetto pennellata. I fiori in primo piano devono rimanere fermi per 5 secondi, quindi bisogna proteggerli con dei pannelli anche se può sembrare che non ci sia vento. In questo tipo di foto il diaframma ha un’importanza secondaria perché comunque lo sfondo verrà mosso e sfocato.
Qual è la cosa più difficile da fare? Trovare la goccia d’acqua proprio dove vogliamo noi. Missione quasi impossibile, allora ci dobbiamo attrezzare con una siringa normale e uno spruzzino con acqua. A questo punto abbiamo due cose da fare. Primo spruzzare leggermente il fiore con acqua nebulizzata, e poi impazzire per sistemare la nostra goccia o le nostre gocce dove vogliamo. L’obiettivo che è stato usato, per la foto che vedete in copertina dell’articolo, è un 100mm macro per poterci avvicinare molto e far vedere il fiore posto in secondo piano, proprio dentro la goccia d’acqua. Una delle difficoltà è trovare appunto la situazione ideale, mentre la seconda è che se siamo all’aria aperta ci sarà sempre un po’ di vento che ci disturberà sia per la sistemazione della goccia e sia perché potrebbe muovere i petali del fiore, quindi stiamo attenti al mosso e cerchiamo un tempo di scatto ideale. Una volta fatta la foto è sempre meglio rivederla sul monitor a grandezza massima per trovare eventuali errori.
Se invece siamo in un posto chiuso magari sfruttando dei fiori che abbiamo sul balcone, diventa tutto più semplice, (mi raccomando di non strappare fiori nei boschi per portarli a casa) ma non semplicissimo perché anche dobbiamo stare attenti. Prima di tutto ricordate sempre che le gocce d’acqua riflettono tutto quello che c’é intorno a noi, quindi se potete usate dei pannelli anche di polistirolo per chiudere il set, molto meglio se avete un cubo per still life. Senza fretta sistemare prima di tutto il set nel miglior modo possibile, a questo punto abbiamo tutto il tempo per fare prove e sistemare magari una o due fonti di illuminazione.
Foto di Giancarlo Neccia
Il Sole
Nella foto vediamo la superficie del Sole, la fotosfera. Dominata dai granuli e sede delle famose macchie solari, il numero delle quali indica il livello di attività solare. La temperatura di questo strato, è dell’ordine di 6.000 gradi centigradi (la temperatura del nucleo invece è di circa 15 milioni di gradi) La luce che ci proviene dal Sole però’ non ha origine nella fotosfera, ma risiede nelle reazioni nucleari che si sviluppano nel nucleo. Questa luce (fotoni) abbandona la superficie del Sole e giunge ai nostri occhi 8 minuti e mezzo dopo.8 minuti e mezzo infatti impiega la luce a percorrere i 150 milioni di chilometri che separano il Sole dalla terra, quindi quando noi guardiamo il Sole lo vediamo sempre come era circa 8 minuti e mezzo primaLa granulazione che si vede in foto è un fenomeno dovuto ai moti convettivi presenti nello strato fotosferico, Questi moti convettivi trasportano il calore alla superficie molto rapidamente e sono visibili in superficie sotto forma di granuli .Le zone intergranulari più scure rappresentano regioni di plasma più freddo, che scende verso l’interno. Le macchie solari invece sono una specie di tempesta magnetica, un’area a temperatura che oscilla tra i 4000 e i 5000 gradi e che ci appare più scura per via del contrasto con le zone vicine soggette a temperature più alte. Foto con Telescopio solare coronado 90/800 Camera di ripresa ASI ZWO 294150 frame su 2000 totali
Galassia di Andromeda L’Universo si espande, e quasi tutte le galassie si allontanano tra loro. Quasi tutte, ma non tutte. In realtà esistono delle galassie che si stanno avvicinando tra loro. Sono quelle che si stanno attraendo l’una con l’altra perché sono abbastanza vicine, quelle dove la gravità vince sul moto di espansione generale dell’Universo. È proprio quello che sta capitando a noi, alla nostra Via Lattea, nei confronti della galassia di Andromeda, la nostra galassia gemella più vicina. Quindi Andromeda ci verrà addosso sul serio. E quando? Noi attraiamo Andromeda, e Andromeda attrae la Via Lattea, ed entrambe si muovono una verso l’altra. Possiamo però descrivere quello che succede come se noi fossimo fermi, e fosse solo Andromeda a venirci addosso. Alla non piccola velocità di circa 120 km al secondo (al secondo, non all’ora), che corrisponde a 432.000 km all’ora.Se un’astronave viaggiasse a questa velocità, potrebbe raggiungere la Luna in un’ora. La distanza tra noi ed Andromeda è di circa 2 milioni e mezzo di anni luce, che corrisponde alla bellezza di 23 miliardi di miliardi di km. Se la velocità di avvicinamento di Andromeda si mantenesse costante, ci metterebbe 6 miliardi di anni a raggiungerci, ma man mano che Andromeda si avvicina, la gravità aumenta, così come la sua velocità di caduta. Fatti i conti, pare che il grande incontro avverrà tra circa 4 miliardi di anni. Le due galassie si fonderanno e diventeranno una sola, grande il doppio.